Chronica parva Ferrariensis: prosperità di Ferrara

prosperità-di-ferrara-ducato-di-ferrara-chronica-parva-ferrariensisIn questa parte della Chronica Riccobaldo Gervasio affrontò l’argomento della floridezza e della prosperità di Ferrara al tempo della pace siglata fra le fazioni politiche, guidate da Guglielmo di Marchesella da una parte e da Torello di Salinguerra dall’altra, con le famiglie più in vista della città schierate apertamente per uno dei due contendenti almeno fino a quando non si insinuarono i marchesi Estensi i quali, essendo manifestatamente ostili a Guglielmo di Marchesella, lo indussero a costruire importanti opere difensive e piccoli castelli, per sé e per i suoi partigiani, sui confini del territorio ferrarese.

La pace, bene supremo di ogni civiltà, portò immediatamente i propri frutti alla città. Innanzitutto, più nessuno fuggiva a meno che non fosse al di fuori della legge. Tutte le vie di terre e di acqua ripresero a rimanere aperte, promuovendo così i traffici commerciali che contribuirono enormemente all’aumento della prosperità e del benessere fra la popolazione tutta. Questa nuova situazione determinò il consolidarsi dei periodi festivi delle Palme e di San Martino, che contribuirono a condurre a Ferrara genti da ogni parte d’Italia e d’Europa, non solo per visitare una città esente dalle lotte politiche, che erano la normalità ovunque, ma soprattutto per vendere e acquistare. Da non dimenticare, comunque, che per partecipare a tali feste, della durata di quindici giorni, i mercanti dovevano pagare un obolo, in maniera del tutto simile a quanto avviene ora per chi faccia mercato, e la cifra da versare, da intendersi come una tassa, andava poi suddivisa in quattro partinon uguali fra di loro“, fra il Comune ed il Vescovo di Ferrara, il Papa ed i canonici del territorio ferrarese.

PROSPERITÀ COMMERCIALE DI FERRARA

Chronica: colonna 483, righe 364-378

commercio-navale-ferrara-chronica-parva-ferrariensisHujius pacis tempore floruit Respublica Ferrariensis, & Cives bonorum copia fruebantur & pace. Nemo nisi facinorosus et scelestus exulabat à patria. Commeatus omnes à circumstantibus Urbibus & à mari petebant. Ex omni Civitate maritima ingressæ per ostia Padi naves onerariæ maximæ, caveatæ, in cacumine mali, variis marcibus onustæ, in ripa fluminis Padi stationes habebant. Non erat opus Civibus Ferrariæ pro rebus necessariis adire Venetias, vel Ravennam. Quotannis fiebant nundinæ in prato Communis sito juxta Padum in ripa ulteriori, ad quas ex plurima parte Italiæ, & Gallia, conveniebant negotiatores, varias merces eonvehentes.

Traduzione Chronica: colonna 483, righe 364-378

Al tempo di quella pace la città ed il territorio di Ferrara rifiorirono ed i cittadini poterono godere sia della tranquillità che della possibilità di arricchirsi. Nessuno veniva esiliato dalla patria a meno che non fosse un furfante o un violento. Ogni via terrestre e marittima era aperta e da ogni città marittima arrivavano in Po navi dalle immense stive, cariche di merci e trovavano facilmente scali sulle rive del grande fiume. Non c’era bisogno che per procurarsi il necessario i cittadini di Ferrara si recassero a Venezia o a Ravenna. Annualmente si tenevano le fiere sul prato del Comune, situato lungo il Po sulla riva al di là, alle quali partecipavano mercanti  provenienti da tutta Italia e dalla Gallia, carichi di prodotti di ogni tipo.

LE DUE FIERE DI FERRARA

Chronica: colonna 483, righe 378-396

Omne genus Civium, & alienigenarum in eis nundinis necessariis locupletabatur, facientes lucrum, vel quæstum. Fiebant autem bis in anno nundinæ, durantes quindenis diebus singulæ; primæ in Festo Palmarum, altere in Festo Beati Martini. Porrò eo tempore adeò erat locuples Fiscus, ut satisfacto pro impensis communibus, quod superat proventuum, singulis mensibus divideretur inter Cives pro census cujuslibet quantitate. Contentio inter cives era de censo; nam injuriam sibi fieri contendebant, si eorum census modicus  scribebatur. Si aliquando annona Populo necessaria deficiebat mercato publico, vel nimio pretio vendebatur, erant ex Civibus, qui ex horreis propriis confestim in mercati locum propriam annonam conserrent pretio quàm minori venalem.

Traduzione Chronica: colonna 483, righe 378-396

Durante quelle fiere, sia vendendo che acquistando, ogni cittadino o straniero si forniva anche più del suo stretto necessario. Le fiere si organizzavano due volte all’anno, ciascuna della durata di quindici giorni; la prima per le Palme, la seconda per San Martino. A quel tempo, l’erario era così ricco che, coperte le spese comuni, suddivideva mensilmente il restante fra i cittadini, tenendo unicamente conto del censo; la qual cosa avrebbe anche potuto offendere se il censo fosse stato ritenuto troppo poco consistente. Se, di quando in quando, veniva meno i viveri per le necessità del popolo, oppure erano presenti ad un prezzo eccessivo, c’era chi subito portava al mercato le proprie eccedenze nei magazzini, vendendole ad un prezzo accessibile a tutti.

GENEROSITÀ DI SALINGUERRA

Chronica: colonna 483, righe 396-415

Hoc aliquando fecisse Salinguerram, à Populo divulgatum audivi. Erat eo tempore Salinguerra Populi Bononiensis amicus, & socius etiam earum partium in Lombardia, quæ favebant Federico Imperatori. Cum his ausilio mutua facilè recipiebat, & dabat. Quamquam Nobilium  Ferrariæ majorem numero partem habebat  adversam, præpotentior tamen erat suis adversariis. Plebejorum hominum pars maxima, & Ramberti, & quidam alii ex Nobilitate potentes Salinguerræ favebant. Placuit profectò Deo, cujus judicia injusta esse non possunt, ejus Urbis, Principisque illius variare fortunam; & licèt omnia nutu possit, nullis causis mediis adhibitis, quæque tamen per instrumenta media justa prædestinatas res peragit. Causæ autem casus, & ruinæ ipsius viri hæ sunt cognitæ, quæ sequenti Capitulo continentur.

Traduzione Chronica: colonna 483, righe 396-415

Ho sentito dire dal popolo che il Salinguerra fece alcune volte ciò. Allora era amico del popolo bolognese ed era alleato anche di chi, in Lombardia, era avverso all’imperatore Federico. Una volta otteneva e prestava tranquillamente loro aiuto. E nonostante gli avversari potessero contare un maggior numero di nobili, egli era comunque più forte di loro. Probabilmente, ciò era dovuto al fatto che la maggior parte dei plebei, i Ramberti e alcuni altri potenti nobili erano dalla sua parte. Sembrava sicuramente a Dio, i cui giudizi non possono essere ingiusti, opportuno cambiare il volto della sua città e la fortuna del suo Principe; e anche se Salinguerra avesse potuto essere in grado di fare cose con un solo cenno del suo capo, tutto conduce nella vita verso il proprio fine, così come decide il Destino. Le cause delle vicende e gli ostacoli che contribuirono alla rovina di quell’uomo sono noti e se ne parlerà nel prossimo capitolo.

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