Dediche

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Questo sito è parimenti dedicato a due persone che hanno segnato in maniera profonda la mia vita: Paolo Scaramagli e Luciano Chiappini. Eravamo nel 1975 quando iniziai le mie prime ricerche attorno alla Delizia Estense di Belriguardo, situata nel territorio di Voghiera, il mio comune di nascita. In quel periodo mi ero da poco congedato dal servizio militare e nella cerchia di persone che avevo iniziato a frequentare ve n’era una che si distingueva da tutte le altre ed era ben presto divenuta il centro naturale di aggregazione per la straordinaria allegria che riusciva ad infondere in tutti noi: il carissimo amico Paolo Scaramagli, a quel tempo abitante a San Bartolomeo in Bosco (FE) e, purtroppo, venuto prematuramente a mancare il 26 agosto 1993, poco più che quarantenne.

STESSI INTERESSI

Paolo ed io avevamo quasi la stessa età, essendo egli nato il 17 aprile 1953, solo diciotto giorni prima di me. Il destino aveva voluto che diventassimo quesi subito amici inseparabili in quanto ci legavano tante cose: i gusti musicali per i New Trolls e i Deep Purple, il piacere dello stere insieme a raccontarci le nostre esperienze davanti ad un affettato misto, una coppia di pane ferrarese ed un buon bicchiere di vino rosso. I giovani di adesso non possono saperlo, ma a quei tempi non c’erano né paninoteche né pub, ma solo bar, trattorie e una qualche pizzeria.

AMICI INSEPARABILI ANCHE SENZA TELEFONINO

E ancora tante cose contribuirono ad unirci sempre più, rendendoci amici inseparabili. E tutte quelle cose non erano altro che, incredibilmente, tutto il nostro intero mondo: i film di Dario Argento, le escursioni in bicicletta per la stupenda campagna ferrarese, i mitici viaggi in treno a Venezia e Firenze ed Arezzo, i fine settimana al Lido degli Estensi e le vacanze estive su di una qualche isola italiana. Ma il vero legame che ci teneva uniti l’un l’altro, trasmettendoci una gioia irrefrenabile ogni volta che ci trovavamo, era soprattutto il divertimento che provavamo nel far a gara nel raccontare vicendevolmente barzellette di fronte alla “compagnia“, il grande collante di quegl’indimenticabili anni.

IMBATTIBILE

Mentre io e Paolo eravamo intenti a rubarci quasi vicendevolmente il tempo sulla battuta finale di una barzelletta, pur di primeggiare l’uno sull’altro, gli amici ci ascoltavano anche per un’ora di seguito, spesso tenendosi letteralmente la pancia fra le mani ogni volta che riuscivo a raccontare al meglio le mie storielle, ma addirittura arrivando a piangere a dirotto o a perdere il respiro quando era il turno di Paolo. Lui era pressoché irraggiungibile! Che mi ricordi, non sono mai riuscito una sola volta a batterlo, anche perché aveva sempre pronta una barzelletta o una storiella di riserva.

IL SUO SORRISO

Paolo aveva lo stupendo dono della mimica ma, soprattutto, un sorriso unico al mondo, di quelli che ti fanno ringraziare Iddio per averti concesso di conoscere persone così. Rideva anche quando era serio. I suoi occhi ridevano sempre. E io ancora rido quando nella mente mi eccheggiano le sue fragorosissime risate: erano così calde che permeavano di calore lo spazio intorno. Ricordo che spesso si rideva anche se non si capivano le sue ultime parole, tanta era la mimica che riempiva ogni sua storia. 

IL GRANDE AMICO

Da tempo il suo corpo fisico manca dal mio mondo, ma è solo così che egli non c’è più nella vita mia e di tutti noi che l’abbiamo conosciuto, da nostri amici comuni alla cara moglie. Paolo rimarrà in eterno nella mia memoria e nella memoria di tutti coloro che hanno avuto l’immensa fortuna di conoscerlo e di condividerne tanti momenti di una vita breve, ma assolutamente unica e meravigliosa. Un amico di quelli che leggi solo nelle storie sui libri, e che sembrano non veri. Un grande amico. Una persona bella e immensa alla quale dedico idealmente questo sito.

I GIOCHI DELLA FANCIULLEZZA

Come dicevo, eravamo nel 1975 e, dopo essere entrato in grande confidenza con Paolo, gli raccontai dei giochi della mia fanciullezza, per gran parte trascorsi all’interno del palazzo estense di Belriguardo, dove noi bambini di Voghiera amavano sfidarci molto spesso in epiche battaglie contro i “nemici” di Voghenza: armati di bastoni e di lamiere, a mo’ di spada, di lancia e di scudo, combattevamo lunghissime battaglie tra i due antichi cortili interni, le pericolanti scalinate ed il pozzo che noi chiamavamo “a rasoio”, così tanto per dare un po’ più di tono all’evento del confronto armato.

LE PRIME NOTIZIE SUGLI ESTENSI

E assieme alle cronache di quelle antiche battaglie, gli narrai anche dei miei nuovi interessi, maturati durante le lunghe riflessioni che mi avevano accompagnato durante il servizio di leva, fra Viterbo, Rimini, Bologna e Poggio Renatico. A quel tempo avevo già raccolto numerosissime notizie su Belriguardo, per la maggior parte raccolte fra la Biblioteca Ariostea e l’Archivio di Stato di Ferrara. A dire il vero, credevo di “saperne molte” sull’argomento e me ne vantavo anche con gli amici, ma non immaginavo che le notizie raccolte fossero poco più di nulla rispetto alla realtà che mi fu successivamente aperta allorquando iniziai a frequentare la Biblioteca Estense e l’Archivio di Stato di Modena, la Biblioteca Classense di Ravenna e la Biblioteca Vaticana.

UN POMERIGGIO SULLA SPIAGGIA

Era una domenica d’estate ed eravamo sulla solita spiaggia del Lido degli Estensi, assieme a tutta la nostra numerosa e fragorosissima compagnia. Ricordo ancora che verso le prime ore del pomeriggio iniziai a raccontare a tutti della mia passione per le vicende di Belriguardo e delle ricerche che avevo intrapreso già da tempo. Paolo mi ascoltava con attenzione e, alla fine, mi chiese semplicemente se fossi intenzionato a conoscere una personapiù pratica di queste cose“, così da avere almeno la supervisione di uno storico vero. Mi disse che il suo professore di italiano all’Istituto Agrario Professionale “Fratelli Navarra”, di Malborghetto di Boara (FE), era stato il prof. Luciano Chiappini.

L’INVITO

Lo descrisse come una persona eccezionale, che amava raccontare ai suoi allievi le vicende della nobile famiglia degli Estensi, arricchendole di tutte quelle notizie che avrebbero potuto facilmente colpire la fantasia degli adolescenti di quegli anni. In un primo tempo, un po’ geloso del lavoro fin lì svolto e un po’ titubante di fronte a tanta opportunità, rimasi pensieroso e neanche tanto deciso: sottoporre ad una persona così importante una ricerca o, meglio, dei fogli sparsi e per giunta scritti a mano, sull’argomento specifico di Belriguardo e più generale degli Estensi, mi sembrava qualcosa di impossibile da realizzarsi. Ma Paolo mi diede un paio di “pacche” su di una spalla e, sorridendo con entusiasmo, mi gridò: «Dai, dai, facciamo così! Questa sera, quando torniamo dal mare, telefono al prof., gli spiego la situazione e gli chiedo se ti può ricevere».

DAVANTI AL PORTONE RINASCIMENTALE

Per quanto possa sembrare incredibile, andò proprio così ed il sabato pomeriggio successivo, verso le 18, ero già davanti al gigantesco portone di casa del professore. La giornata estiva era caldissima ed io mi stavo recando all’incontro che avrebbe dato una svolta alla mia vita. Osservai i campanelli e notai che erano tutti “Chiappini”, così rimasi un po’ perplesso e qualcosa suonai. Nell’emozione del momento, forse premetti quello sbagliato, ma il destino aveva già deciso che quella storia avrebbe dovuto andare in un certo modo. Infatti, dopo un paio di secondi, l’enorme portone si aprì e fui come investito da una fresca brezza che proveniva dall’oscurità di quell’antica e nobile entrata.

LA FIGURA DEL PROFESSORE

Chiappini LucianoRicordo che la figura del professore apparve sul pianerottolo rialzato, ma non riuscii subito a distinguerlo nettamente, forse perché i miei occhi, accecati dal sole di quel pomeriggio, non si erano subito abituati alla penombra dell’entrata. Ogni cosa la distinguevo a malapena e la prima impressione che egli mi trasmise fu quella di un signore un po’ anziano ma svelto nei movimenti, fermo nella voce, accomodante nei gesti, dall’aria austera ma disponibile.

Tenendo gli occhiali in un mano, ben stretti per la stanghetta, iniziò a scendere con passo svelto dal pianerottolo. Notai che indossava una camicia bianca, con le maniche appena rigirate: quella tonalità entrava in forte contrasto con l’ambiente cupo, austero e severo dell’entrata interamente affrescata. Anche i pantaloni che indossava mi colpirono perché erano di uno strano color cremino pallido, assai poco di moda in quei tempi pieni di colori. Infatti, eravamo a metà degli anni ’70 ed il colore permeava ogni cosa della quotidianità; i giovani della mia generazione, fra l’infinità di desideri che cullavano nel loro animo, ne avevano uno su tutti: colorare il mondo e uscire finalmente da quella cappa di “grigiore e di ripetitività” che aveva avvolto la loro esistenza almeno fino al maggio del ’68.

Chiappini_Luciano_1988Egli, dunque, mi si avvicinò col sorriso sulle labbra. Era un sorriso che mi sembrò non essere né di convenienza né di circostanza, ma pieno di serenità e di entusiasmo. Mi porse la mano con semplicità e decisione, poi mi disse: «Ben arrivato! La stavo aspettando! Venga! Ci accomodiamo nello studio quaggiù». Sarà stata l’emozione del momento, sarà stato il brusco passaggio dal caldo eccessivo al caldo contenuto di quel palazzo dalle larghissime mura, sarà stato l’arredo antico di quello studio che assomigliava, per grandezza, più ad un enorme salone, ricco di quadri antichi ed oggetti preziosi e ricercati, oppure sarà stata la stessa figura del professore, fatto sta che iniziai a sudare in maniera impressionante ed egli mi fece portare un po’ d’acqua fresca dalla moglie.

Belriguardo_anni_70_bnDopo essermi presentato ed avergli illustrato a grandi linee il lavoro di ricerca fin lì svolto, il professore si mostrò assai interessato all’argomento poiché mi disse che nessuno, almeno fino ad allora, aveva ancora provveduto a scrivere in maniera corposa sull’argomento di Belriguardo, un palazzo che a quel tempo versava in condizioni indescrivibili, come è possibile vedere dalla foto allegata. Egli si mostrò così disponibile a coordinare le ricerche successive e mi chiese di “dargli il tempo per leggere le carte manoscritte“.

Poi, con fare cortese ma deciso, mi accompagnò alla porta dicendomi: «Mi telefoni fra un paio di settimane. Le saprò dire come procedere». Mi diede la mano e così, dopo appena mezz’ora, era già tutto finito. Avevo appena conosciuto uno storico vero, certamente fra i più importanti che Ferrara avesse mai avuto. E forse anche per questo, la mia sudorazione non era ancora terminata e continuò a darsi da fare poiché mi ritrovai di nuovo immerso in quel caldo pazzesco che avevo lasciato solo poco prima.

UN SABATO SPECIALE

Chiappini_Luciano_1988_VoghieraTelefonai esattamente dopo due settimane, ma ebbi nuovamente l’appuntamento per il sabato pomeriggio successivo, ovvero per la fine della terza settimana da quando ci eravamo incontrati la prima volta.

E venne anche il tempo di quella giornata che attendevo con ansia. Era un sabato del tutto simile a quello del nostro primo incontro ma, nonostante il caldo, ricordo bene che il sudore rimase assai contenuto, segno evidente che l’emozione giocò la sua parte durante il primo incontro col professore.

Egli mi accolse esattamente come la prima volta e ritornammo anche nello stesso studio. L’incontro fu breve e durò forse meno di un quarto d’ora. Esprimendosi in maniera molto sintetica, ma con parole chiare e precise, mi disse di aver letto gli appunti (gli avevo consegnato circa duecentocinquanta fogli manoscritti) e di averli trovati “interessanti“. Poi specificò di averli fatti leggere anche ad una persona di sua conoscenza che, di fatto, credo, visti gli sviluppi successivi, lo aiutò a prendere la decisione per dare l’imprimatur alla partenza.

Chiappini_Luciano_1988_Voghiera_BelriguardoMentre parlava, iniziarono però ad assalirmi molti dubbi perché egli mi stava esponendo il suo punto di vista in una maniera da me ritenuta troppo frettolosa; infatti, mi aspettavo almeno un giudizio sul lavoro svolto; mi ero anche preparato la risposta su diverse domande che, pensavo, avrebbe potuto pormi, riguardanti il metodo della ricerca, la modalità di trascrizione delle notizie raccolte, l’organizzazione generale del lavoro o l’obiettivo di fondo.

Quando, poi, mi pose una domanda che reputai “stranissima“, pensai veramente che tutta la mia ricerca fosse già arrivata al capolinea: mi chiese, infatti, se sapessi leggere gli antichi manoscritti. Sospirai di gioia e come un treno gli risposi di averne già letti diversi, citandoli tutti uno per uno; specificai poi di avere, come passione ufficiale, quella di grafologo, che mi aveva anche condotto a collaborare per alcuni anni con una scuola per corrispondenza che si occupava di analizzare la scrittura delle persone per individuarne la personalità, le tensioni, le passioni ed i desideri.

LA SCINTILLA

Le risposte che gli diedi certamente lo colpirono: vidi i suoi piccoli occhi aprirsi ed illuminarsi in una maniera che non avevo notato la prima volta. Vidi le strette labbra allargarsi e mostrare un sorriso sereno ed entusiasta. Si alzò ritto in piedi e disse: «Bene, si parte!».

Poi mi fece un discorsetto, all’incirca di questo tono: «Tutto quello che ha trovato fino ad ora va benissimo, ma sono le cose che tutti noi ricercatori ferraresi già sappiamo. Dovrà recarsi molte volte a Modena, presso la Biblioteca Estense e l’Archivio di Stato, dovrà controllare anche presso la Biblioteca Classense di Ravenna, ma è a Roma, presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, che dovrà andare a cercare notizie veramente nuove. Nel corso delle sue ricerche avrà bisogno di consigli, che le darò al momento opportuno, ma avrà anche bisognodi conoscenze per frequentare certi ambienti, in modo particolare quelli vaticani, dove è necessario o essere già conosciuti o essere presentati da qualcuno. Le saremo vicini ovunque e la aiuteremo in tutti i passi che affronterà. Ora vada, ma si ricordi un consiglio importante: raccogliere notizie storiche su di un argomento ben preciso significa incontrare anche fatti, persone e situazioni non direttamente attinenti l’oggetto stesso della ricerca. Si appunti ogni cosa. Non tralasci nulla e ricordi che potrebbero anche ritornarle utili tutte quelle notizie collegate al rapporto con le acque, come le imbarcazioni e lo scorrere della vita fra le paludi ed i fiumi che circondavano Ferrara in quei tempi. Quello è un settore che non è ancora stato ben esplorato e varrebbe quindi la pena cimentarsi».

Ovviamente, nella mia mente avevo solo Belriguardo e quelle ultime parole sulle imbarcazioni, sulle acque, sulla vita che la nostra gente dovette affrontare in un territorio circondato da acque stagnanti e salmastre, malsane e pericolose, non mi colpì più di tanto. Iniziai, piuttosto, a riflettere con maggior attenzione sul senso delle parole riferite ad altre persone: “Le saremo vicini ovunque e la aiuteremo in tutti i passi che affronterà“. Mi indussero a pensare che dietro la disponibilità del professore vi fossero anche delle aspettative di altri studiosi. Tutto ciò mi diede così il coraggio e il desiderio per iniziare fin da subito poiché ebbi la netta sensazione di essere entrato a far parte di un progetto disegnato dal Destino, nel quale avrei potuto diventare una delle tante pedine che hanno contribuito a scrivere la grande storia di Ferrara.

IL PADRE STORICO DELLA REGATA ESTENSE

Concludendo la riflessione, appare chiaro il legame fra la figura del prof. Luciano Chiappini e la realizzazione della prima regata storica ferrarese. Moltissimi amici hanno avuto modo di sapere del mio rapporto col professor Chiappini e del suo desiderio di veder esplorato il discorso delle regate storiche, ma anche colleghi ricercatori ed insegnanti, politici locali, alcuni presidenti di contrade, il presidente del Comitato Palio e il dott. Gaetano Sateriale, al tempo sindaco di Ferrara. Quest’ultimo, tra l’altro, manifestò subito grande interesse per l’eventuale organizzazione della prima regata storica ferrarese, inquadrata come manifestazione di supporto storico non solo all’intervento di ripristino della nostra darsena, ma anche al recupero del nostro “fiume cittadino” e degli antichi porti della città di Ferrara, come quelli esattamente speculari di Torre Fossa e Vigarano Pieve.

Il professor Chiappini Luciano nacque a Ferrara il 6 febbraio 1922 e venne a mancare al mondo dei vivi il 20 agosto 2002, sempre a Ferrara. Figlio di un medico e di un’agiata signora, si laureò in Lettere Moderne a Bologna. Sposatosi con la signora Franca Venturini, ebbe cinque figlie. Iniziò la sua carriera d’insegnante come supplente presso il Liceo Classico “Ludovico Ariosto“, ma solo nel 1965 divenne docente di materie letterarie presso l’Istituto Agrario Professionale “Fratelli Navarra“, di Malborghetto di Boara, dove insegnò fino al 1985, anno in cui andò in pensione.

Tra i suoi scritti di maggior fama si ricordano:

  • Appunti di genealogia estense dei secoli XII e XIII (1952);
  • Indagini intorno a cronache e storie ferraresi del sec. XV (1954);
  • Eleonora d’Aragona prima duchessa di Ferrara (1965);
  • Gli estensi (1967);
  • La corte estense alla metà del Cinquecento (1984).