Il Ferrarese cinquemila anni fa

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ABSTRACT – Durante l’Età dei Metalli, comprendente le Età del Rame, del Bronzo e del Ferro, l’uomo iniziò la lavorazione dei vari tipi di metallo allora disponibili, con lo scopo di migliorare i suoi primi utensili in legno e pietra. Questa fase storica venne preceduta dall’Età della pietra, a sua volta suddivisa in tre parti: Paleolitico, da tre milioni a diecimila anni prima di Cristo (a.C.), quindi fino a dodicimila anni fa, Mesolitico, da diecimila anni ad ottomila anni prima di Cristo, quindi fino a diecimila anni fa, e Neolitico, da ottomila anni a tremila anni prima di Cristo, quindi fino a cinquemila anni fa.

ARGOMENTI PRINCIPALI DELL’ARTICOLO

01- La fornace Grandi, di Bondeno

02- La metallurgia

03- Il forno a cumulo

04- Primi abitatori del Ferrarese

05- L’arte della fusione del rame

06- Insediamenti nel Ferrarese prima dell’Età del Rame?

07- Le genti italiche dell’Età del Rame

08- L’Età del Bronzo e la Fornace Grandi

10- La civiltà lacustre e quella terramaricola

11- Il villaggio di Pilastri

12- Il villaggio di Santa Maddalena dei Mosti

13- La scomparsa dei Terramaricoli

14- L’uomo e la donna della civiltà bondenese

LA FORNACE GRANDI, DI BONDENO

Cinquemila anni fa è esattamente il tempo a cui si riferiscono le scoperte afferenti la Fornace Grandi, presso Bondeno (FE) dove, all’inizio degli anni Cinquanta dello scorso secolo, mentre venivano effettuati scavi per recuperare argilla all’interno della cava attigua, ad una profondità di circa sette metri furono scoperti i fondi di ben venti venti capanne, a forma di cono e con un diametro medio di circa un metro e mezzo, formanti un vero e proprio villaggio terramaricolo del 3.000 a.C., ovvero di cinquemila anni fa, di cui vi ho parlato nel precedente articolo, per cui ora vi parlerò di che cosa c’era dalle nostre parti fra cinquemila e tremila anni fa circa.

LA METALLURGIA

Per sapere che cosa succedeva dalle nostri parti in quei tempi lontanissimi occorre fissare un punto di partenza, collocando il villaggio terramaricolo suddetto nell’Età dei Metalli. La metallurgia ebbe iniziò con l’Età del Rame, estratto nelle miniere di Cipro tra il V e IV millennio a.C. e diffusasi dapprima nel vicino Oriente e nei Balcani e da qui, tra il IV ed il III millennio a.C., nel bacino del Mediterraneo occidentale e in tutto il resto del continente europeo. Per tradurre il tutto in “parole più chiare”, essa iniziò a diffondersi in maniera graduale, ma assai differenziata da zona a zona circa cinquemila anni prima di Cristo e giunse dalle italiche parti fra 4.000 e 3.000 anni prima di Cristo.

IL FORNO A CUMULO

L’uomo iniziò ad imparare a fondere il rame, forgiando così nuovi strumenti di lavoro e di caccia attraverso il primo sistema di fusione, noto come “forno a cumulo“: si accatastava sul carbone di legna la roccia frantumata, contenente il rame, quindi si ricopriva il tutto di terra ed argilla, realizzando così una specie di cono, aperto alla sommità e dotato di fori di tiraggio nella parte inferiore: tale “macchina” consentiva il raggiungimento di una temperatura in grado di fondere il rame per il quale oggi si sa che bastano 1.083 gradi.

Interessante sapere che, essendo il carbone “il carburante necessario” a tale funzionamento, accanto ad ogni forno a cumulo doveva certamente esserci almeno tre cose: un bosco, uno spiazzo e dei carbonai.

Il bosco serviva per il reperire i cumuli di legna che poi si mettevano ad essiccare nello spiazzo; una volta essiccati, venivano ricoperti di terriccio e accesi a mo’ di pira, per ricavare il carbone, appunto. In pratica, vi era un autentico esercito di carbonai: chi addetto al taglio del bosco, chi addetto al trasporto della legna, chi addetto allo stoccaggio ed alla sua stagionatura, chi addetto al forno e chi addetto alla gestione del carbone. Insomma, un’industria ante litteram vera e propria!

PRIMI ABITATORI DEL FERRARESE

Quello che si sa del nostro passato è che tra 12.000 e 6.000 anni fa circa i ghiacci iniziarono a ritirarsi, le steppe e le tundre iniziarono a trasformarsi lentamente in foreste, mentre la preesistente fauna subartica si adattò ben presto al nuovo clima temperato. Per il territorio ferrarese fu probabilmente grazie a questa finestra aperta dalla Natura, fra il 4.000 ed il 3.500 a.C. circa, che vennero a crearsi le condizioni per poter consentire ad antiche genti neolitiche di provare a fermarsi da queste parti della Pianura Padana, diventando così i primi abitatori del Ferrarese.

I primi secoli dopo il 4.000 a.C. servirono così probabilmente alla Natura per stabilizzare il territorio e consentire l’insediamento umano anche alle nostre latitudini.

L’ARTE DELLA FUSIONE DEL RAME

Nello stesso periodo si iniziò ad imparare l’arte della fusione del rame: non era sufficiente disporre della materia prima in quanto bisognava capire diverse cose poiché la padronanza di una scienza passa inevitabilmente attraverso una serie graduale di conoscenze: innanzitutto occorreva capire come adoperare quel metallo e che cosa farne poi.

Tuttavia, prima di adoperarlo, era indispensabile arrivare a capire che occorreva renderlo liquido per poterlo utilizzare in svariati modi. C’erano quindi i non indifferenti interrogativi di come fonderlo, dove fonderlo e come eseguire tali operazioni. Cose non di poco conto, dunque!

L’unica certezza di quelle antiche genti era il fuoco, per cui questa divenne anche la conoscenza iniziale: il giusto fuoco consentiva la fusione di quel tipo di metallo. Ma come farlo, dove farlo e quali quali strumenti utilizzare furono le conoscenze graduali che permisero la costruzione dei primi forni a cumulo.

INSEDIAMENTI NEL FERRARESE PRIMA DELL’ETÀ DEL RAME?

Ora, poiché l’inizio dell’Età del Rame (4.000 a.C. circa) fa riferimento ad almeno mille anni prima dei reperti provenienti dalla fornace Grandi (3.000 a.C.) e nessuno ha ancora scoperto nulla al riguardo (né asce, né pugnali, né spade, né lance, né punte di freccia, né arte chiaramente attribuibile), afferente a tale fascia temporale, sembra che il Ferrarese possa non essere stato toccato da alcun insediamento durante tale età.

Ed è anche logico crederlo! Non occorre un genio che lo certifichi in quanto il periodo dello scioglimento dei ghiacci si è concluso circa seimila anni fa, ma in maniera assai diversificata da zona a zona, per cui il periodo è da intendersi in senso elastico. Ed il Ferrarese si trova esattamente in quel mesto territorio deltizio deputato a ricevere, raccogliere e convogliare a mare le acque di molti fiumi, ma principalmente del Po ed del Reno. Semplice, dunque, comprendere questo aspetto di “mancato insediamento prima di un certo periodo“, offrendo così una chiara risposta all’interrogativo di quando siano potute arrivare quaggiù, nel Ferrarese, le prime genti.

(N.d.R. – Su questo punto farò quanto prima un’integrazione che potrebbe cambiare in maniera sostanziale quanto scoperto fino ad ora. State aggiornati!)

LE GENTI ITALICHE DELL’ETÀ DEL RAME

Grazie al commercio marittimo, il rame giungeva in Italia attraverso lo Stretto di Messina ed il Canale di Sicilia, consentendo fin da subito di dare un significativo impulso allo sviluppo tecnologico: asce in metallo a lama liscia, pugnali a lama corta e triangolare, punte di frecce maggiormente micidiali rispetto alla selce.

LE DONNE ITALICHE

Dopo l’abilità della raccolta delle erbe selvatiche, del trattamento delle piante officinali, della semina e dell’allevamento degli animali, la donna imparò la lavorazione delle fibre naturali della lana e del lino, sottoponendole a moto torcente rotatorio così da ottenere lunghi filamenti, dapprima utilizzati per semplici cuciture di indumenti, poi impiegati per realizzare veri e propri tessuti grezzi.

I PRIMI VILLAGGI ITALICI

Quelle genti continuavano a vivere secondo le possibilità offerte dall’ambiente locale, tra caverne, anfratti, grotte e capanne, tuttavia si arrivò ben presto a costituire i primi villaggi, ben difesi o da profonde trincee (Serra d’Alto) o da grandi recinti di pietre (Branco Grande di Camarina) e, probabilmente, da grezze palizzate.

L’INUMAZIONE DEI DEFUNTI

Continuò a persistere il sistema dell’inumazione dei defunti, col corpo sempre deposto in posizione rannicchiata all’interno di una buca (Remedello Sotto, nel Bresciano e a Ripoli, nel Terramano) o di un recinto di lastre di pietra.

Tuttavia, sono state rinvenute tombe a pozzo all’interno di grotte naturali (Pitigliano di Grosseto e Sgurgola nel Lazio) e tombe a corridoio. Rimane comunque certo il fatto che l’architettura funeraria del periodo ebbe come un risveglio poiché, dov’era possibile, furono scavate tombe a forno, a pianta circolare o ellittica, a volta bassa e ad una o più celle, direttamente nella pietra tenera.

L’ETÀ DEL BRONZO E LA FORNACE GRANDI

Poiché vi sto parlando della presenza umana nel Ferrarese durante il periodo storico compreso fra quattromila e tremila anni fa, devo necessariamente comprendere in tale periodo anche l’inizio dell’Età del Bronzo, sviluppatosi dal 3.500 al 1.200 a.C., ovvero da 5.500 a 3.200 anni fa e che perciò comprende al suo interno l’insediamento di Fornace Grandi. Durante tale età l’uomo imparò ad unire il rame allo stagno, che giungeva dalla lontana Cornovaglia attraverso il commercio marittimo, ottenendo così una nuova lega metallica che, con nove parti di rame ed una di stagno, diventava più dura e resistente.

LE NUOVE ARMI DI BRONZO

Col nuovo metallo si realizzarono armi più potenti: le asce furono dotate di alette e codolo d’innesto diretto al manico, i pugnali divennero più sottili e leggeri, la spada divenne più resistente, più leggera, più lunga e quindi maggiormente pericolosa nel combattimento ravvicinato, grazie anche alla nuova e più comoda impugnatura in legno o in cuoio, le punte di freccia ebbero una cuspide più acuminata e resistente, mentre le lance ebbero l’immanicatura “a cannone”, che agevolò enormemente la forza di penetrazione.

LE LAMINE DI BRONZO

Battendo il bronzo con lo scopo di ottenere lamine di diverso spessore, si arrivò alla conoscenza della laminatura“, consistente in un processo teso a donare al metallo quella particolare doratura che lo contraddistingueva.

I MONILI IN BRONZO

Anche l’industria dei monili ebbe un incremento notevole con la nuova lega e agli oggetti ornamentali in conchiglia e in osso subentrarono: il pendaglio, la spilla, lo spillone, il bracciale, la fibula ad “arco di violino” e il “rasoio delle terramare a classica forma lunata.

LA CIVILTÀ LACUSTRE E QUELLA TERRAMARICOLA

Durante l’Età del Bronzo, nell’Italia padana si svilupparono la civiltà lacustre, con la sua vita tipica sulle palafitte, costruite direttamente sulle rive dei fiumi o dei laghi, e la civiltà terramaricola o delle “Terramare“, pure caratterizzate dalle palafitte costruite però sui terreni vallivi del Po che erano soggetti con una certa frequenza ad esondazioni e inondazioni, conseguenti a deflussi arginali o a rotture vere e proprie degli argini.

L’ABITATO TERRAMARICOLO

La palafitta veniva costruita su di un’impalcatura lignea che era unita alle altre da un lungo tavolato in legno, mentre l’intero abitato terramaricolo assumeva una forma più o meno rettangolare. Dove il terreno circostante lo consentiva, il villaggio veniva difeso da un largo e profondo fossato, valicabile dai residenti attraverso un ponticello ligneo, difeso da un semplice ma efficace terrapieno difensivo detto aggere“, che teneva inoltre a debita distanza le eventuali acque circostanti.

LE CAPANNE

La costruzione più tipica delle Terramare furono le capanne, di forma rettangolare (Terramara di Castellazza di Fontanellato, nei pressi di Parma), sostenute da pali conficcati nel terreno molle e purtroppo soggette assai spesso ad incendi. Disposte a percorsi geometrici, formavano delle vere e proprie “insulae” abitative nelle quali era anche prevista un’apposita area vuota, o comunque tenuta libera, forse dedicata alle riunioni della gente del villaggio.

LA VITA RELIGIOSA

La vita religiosa della civiltà terramaricola, priva dello spazio necessario, fu necessariamente diversa dalle precedenti civiltà. Su apposite palafitte vi era anche la “Città dei morti“, deputata ad accogliere, in rozzi contenitori, le ceneri dei defunti che venivano bruciati in veri e propri inceneritori e deposti lì, uno accanto all’altro, praticamente quasi del tutto privi degli oggetti appartenuti loro in vita, similmente a quanto accade oggi per il rito della cremazione e le conseguenti ceneri del defunto raccolte in un’apposita urna.

IL VILLAGGIO DI PILASTRI

Nel 1979 il signor Gianfranco Po, appassionato di storia antica locale, identificò nella località denominata “I Verri“, all’interno di un’area di circa centoquaranta metri per ottanta, a Pilastri, alcuni manufatti assai antichi: si trattava di frammenti ceramici, pezzetti di corno, ossa di vario tipo e manufatti in bronzo.

La successiva indagine condusse a rintracciare i resti di un villaggio terramaricolo, riferibile al periodo dell’Età del Bronzo Medio e Recente, dal 1.600 al 1.200 a.C., quindi da 3.600 a 3.200 anni fa. Nel 1989 vi furono nuovi rilievi nel sito che condussero al ritrovamento dei medesimi manufatti precedentemente identificati. Al momento attuale è stato creato un apposito sito informativo sui risultati raggiunti e sulle campagne di scavo in atto.

IL VILLAGGIO DI SANTA MADDALENA DEI MOSTI

ALTRI REPERTI
SCOMPARSA DEI TERRAMARICOLI

Allorquando si sviluppò la “Civiltà terramaricola bondenese“, verso il 3.000 a.C., presso gli attuali resti della Fornace Grandi, l’uomo disponeva già di buone armi per la difesa personale e la caccia, aveva imparato a vivere in società e a difendersi all’interno di villaggi ben protetti da fossati e recinti.

LA DONNA DELLA CIVILTÀ BONDENESE

Già a quei tempi, la donna della civiltà bondenese era un “autentico monumento” poiché possedeva da molto tempo l’abilità della raccolta delle erbe selvatiche, del trattamento delle piante officinali, della semina e dell’allevamento degli animali e della lavorazione delle fibre naturali (lana e lino), che sottoponeva a moto torcente rotatorio così da ottenere lunghi filamenti, dapprima utilizzati per semplici cuciture di indumenti, poi impiegati per realizzare veri e propri tessuti grezzi. Insomma, per quei tempi, era una società davvero evoluta!

 

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