La divisione del Po a Ficarolo

rupta-ficaroli-ducato-estenseUn dato più che certo nella storia del nostro territorio è che, in un tempo che non ci è dato di conoscere con esattezza, il fiume Po abbia subito una divisione naturale del proprio corso all’altezza di Ficarolo.

In seguito a tale drammatico avvenimento, il nuovo tracciato delle acque che si venne a formare portò Ferrara a trovarsi, di fatto, al di qua del Po, geograficamente separata per sempre da Rovigo.

ANTICHI CORSI D’ACQUA

Nelle sue “Memorie per la storia di Ferrara”, Antonio Frizzi asserì che nell’anno 907 la rotta di Ficarolo non era ancora avvenuta e per dimostrarlo citò una concessione fatta da Giovanni XI, arcivescovo di Ravenna, di alcuni poderi, comprensivi di selve e valli:”…constitutae territorio Ferrariensi, plebe Sancti Martini in ruina …”. Tali terre avevano per confine :”… ab uno latere palestrina percurrens, ab alio latere Fraxenoni percurrente, seu a tertio latere fossola percurrente, atque a quarto latere Salecta de Arimana …”.

Ovvero, in tale documento si parla della località dell’attuale Ruina, la cui chiesa era dedicata a San Martino e confinava a sud con l’attuale Saletta, mentre a nord aveva diversi corsi d’acqua che, in qualche maniera, ne circoscrivevano i limiti: la Fossa della Frassinella (Fraxenoni), la Fossetta (Fossola) e la Fossa Filistina (Palestrina).

Stando poi a quanto narrato da don Sante Magro nella sua “Storia dell’Alto Polesine“, la Fossa Filistina era anticameente costituita dall’unione di tre corsi d’acqua: la Fossa di Ostiglia, la Fossetta ed il Tartarello. Per via delle sue acque perennemente limacciose essa venne anche chiamata “Tartaro“, mentre l’affluente principale conservò per un certo tempo il nome di Fossa Filistina, poi tramutatosi in un più semplice “Fossetta“. Infine, la sua ultima diramazione fu dapprima chiamata “Fossa Olobia” o solo “Olobia“, in seguito mutatasi nella suddetta Fossa di Ostiglia. Ora, poiché in tale documento non si nomina il fiume Po, che attualmente divide i confini citati, se ne deduce facilmente che nell’anno 907 la Rotta di Ficarolo non era ancora avvenuta.

1055: UN ANTICO PONTE

Nelle “Memorie” suddette il Frizzi sostenne l’esistenza di un privilegio, datato 1055, donato ai ferraresi dall’imperatore Enrico II. In tale documento si trova citato il termine “Actum ad Pontem“, che egli credette di individuare nella località di Ponte di Lago Scuro (Pontelagoscuro) in base alla seguente deduzione: poiché un ponte presuppone che vi sia un corso d’acqua, potrebbe essersi anche trattato del fiume Po. Tuttavia, dimostrando di non credere troppo a tale ipotesi, il Frizzi suggerì che quel “Pontem” avrebbe anche potuto benissimo trovarsi, anziché su di un fiume, su di una semplice riva di quel “Lago Oscuro” che si trovava nei pressi dell’attuale abitato di Pontelagoscuro.

1122: IL PADO VECLO

Sempre nelle stesse “Memorie“, il Frizzi annotò un’interessantissima notizia datata 30 ottobre 1122, già riportata da Ludovico Antonio  Muratori: si trattava dell’investitura di certi fondi, data da Gualtiero, arcivescovo di Ravenna, mentre si trovava “… in curte de Argenta …”, a tal Domenico Giudice, in nome di certo Casiotto, figlio di Sikelmo e d’Imizia. Tali terreni erano sparsiin diverse località, fra le quali ve n’era una denominata “Serinzana” o “Serenzana”, la quale era “… constituta in partibus Ferrariensibus, plebe S. Mariae in Figariolo in finibus eiusdem fundi qui vocatur Serenzana, ab uno latere Pado veclo a tertio Calle Cava et terra Aquariolo Tundulae …”.

Insomma, quel “Pado veclo” faceva intendere che ce ne fosse almeno un altro del tutto nuovo e perciò egli suppose che le terre della suddetta investitura si trovassero a confinare, per una parte col ramo del Po di Ficarolo, lasciando così chiaramente intendere che prima di questa data (1122) avesse potuto avvenire la rotta del Po nei pressi di Ficarolo.

1150: PRIMA IPOTESI DELLA ROTTA DI FICAROLO

Alla fine del XV secolo, Pellegrino Prisciani (o anche Prisciano) archivista e bibliotecario di Ercole I d’Este dal 1488, avendo avuto modo, in virtù di tale impiego, di accedere liberamente ad antichissimi documenti, nei suoi “Annali di Ferrara” congetturò che la Rotta di Ficarolo potesse essere ascrivibile attorno al 1150.

A tale data farebbe riferimento anche Riccobaldo Gervasio da Ferrara, nella sua “De Edificatione urbis Ferrarie“, meglio nota come “Chronica parva Ferrariensis“, scritta tra il 1309 ed il 1317. Alla colonna 475, riga 19, egli così si espresse: “… Inde Padus descendens dextrà tangit agrum Mantuanum usque ad locum oppositum Vico Ficaroli, nuncupatum vulgò Goltarasam. A sinistra tangit Mellariam, Bragantinum Pollicinum, Massa & Ficarolum ditionis Ferrariae. Hoc loco Padus integer cernitur. Modico inde inseriùs Padus scinditur sinistrorsum, & faciens flumen, quod rupta Ficaroli digitur, ...”.

1152: SECONDA IPOTESI SULLA ROTTA

Riguardo alla Rotta di Ficarolo, il suddetto Riccobaldo formulò un’ardita ipotesi (Colonna 475, riga 29): “… Haec par Padi, quae dicitur Rupta Ficaroli, hominum opus fuit; nam homines ejus loci odio hominum colentium sciderunt, ut aquarum exundantium mole fuis aemulis damna agrorum inferrent … “. Ovvero, egli affermò che la Rotta sarebbe da attribuirsi all’opera dell’uomo più che alla Natura e più precisamente all’odio che alcune genti ebbero per altre.

IPOTESI: ROTTA DEL SICCARDO?

La maggior parte degli studiosi propende per l’ipotesi che la Rotta sia avvenuta all’inizio del XII secolo ma il Lombardini, sulla falsariga di quanto riferito dal Pigna e dal Sardi, formulò l’ipotesi che la Rotta avesse potuto avvenire nel 1152, come pure il citato don Sante Magro. Lo stesso Lombardini sostenne che dopo cinquant’anni la rotta sarebbe stata riaperta per opera di un tal Siccardo o Sicardo o Sicardi al solo fine di inondare villaggi posti sul corso inferiore.

A tal proposito, nel “De edificatione urbis Ferrarie“, opera meglio nota col titolo di “Cronica parva Ferrariensis“, curata da Riccobaldo Gervasio da Ferrara tra il 1309 ed il 1317, si sostiene che essa derivò da un taglio fatto dagli abitanti di Ficarolo per inondare quelli di Rovina (Ruina), che stavano al di sotto.

Il Frizzi, osservando che tra Ficarolo e Ruina, se si procedesse il linea retta, vi sarebbero circa 20 miglia (il miglio romano, ovvero mille passi, corrispondeva a 1.479 metri), sostenne che su tale tragitto vi sarebbero sicuramente stati altri luoghi abitati che, indirettamente e senza colpa, a quel punto, ne avranno dovuto subire le conseguenze. Egli, quindi, concluse la sua riflessione dichiarando sommessamente di non riuscire ad immaginare la cagione di tale dissidio fra Ficarolo e Ruina.

1158: LA ROTTA ERA GIÁ AVVENUTA

Di certo, nel 1158 la Rotta di Ficarolo era già avvenuta. Ne parla una “Carta di protezione” o “Privilegio” accordata da Amato, vescovo di Ferrara, in data 8 dicembre 1158, così come avevano già fatto i suoi predecessori Landolfo e Grifone, alla Chiesa di San Salvatore di Ficarolo, ed al suo priore Ciriaco.

In tale preziosissimo documento, nell’indicare il “Fondo Novolerio“, si dice che i suoi confini sono: “… a Pado per viama Nogariae Mainardonis ad fossam S. Petri et sicut est fossa S. Petri ad Falcum, et de Falco mediatem usque ad viam de Gaiba, et sicut currit via de Gaiba ad canale mortuum, et sicut est altera parte Canalis mortui fossa de Vassarolo usque ud Canaletum Policini S. Laurentii, et per Canaletum usque ad ruptam Padi, et per predictam ruptam usque ad padum ….”.

1175: CONFERMA DELLA DIVISIONE DEL PO A FICAROLO

Sempre nelle suddette “Memorie” il Frizzi citò un privilegio dell’11 febbraio 1175 rilasciato da Presbiterino, vescovo di Ferrara e successore di Amato, agli stessi frati ed al loro priore Girolamo. Nel punto in cui il documento parla della “decimationem“, s’incontrano le seguenti parole: ” … totius fundo Lupoleti cuius fines sunt a Pado per castrum Ficaroli per viam de Nogara Mainardonis … sicut currit via de Gaiba ad Canalem mortuum, et sicut est fosso de Vassarolo ad Canaletum, et sicut est Canaletus ad ruptam Padi, et sicut currit rupta a Pado ex parte Salvadonice … et insuper totam decimationem Policini Bonelli … Pollicina S. Laurentii a rupta usque ad ageres…“.

Qui si parla sia di Salvatonica che, in seguito alla rotta, rimase alla destra del Po, sia dell’isola del Bonello, sul Po di fronte a Gaiba, che attesta che questo ramo del Po è quello che corrisponde al Po di Venezia, testimoniando in tal modo l’avvenuta divisione del grande fiume.

1191: NUOVA CONFERMA DELLA ROTTA DEL PO

Il Frizzi non si stancò di rinfocolare dubbi su dubbi e, sempre nelle suddette “Memorie“, tornò a riflettere sulla data esatta della divisione del Po a Ficarolo, citando un privilegio concesso da Enrico VI agli abitanti di Ferrara, nel 1191.

Il paragrafo a cui egli fece riferimento fu quello che riportante informazioni sui confini del ferrarese: “… a mari usq. ad Tartarum, item usq. ad medium portum Laureti. Item Comaclum, cum suo Comitatu ex alio latere Padi usq. ad Fossam de Bosio et alio latere Athesis a bucca veteri et salvaterre descendendo per Athesim usq. ad districtum Venetum, et ex alio latere a flumine veteri in transversum usq. ad districtum Bononiensem …”.

Quel “flumen veteri” che scorreva dalla parte opposta dei confini veneti, avendo la particolarità che il suo attraversamento consentiva di raggiungere il distretto bolognese, era certamente quel tratto di Po che, partendo da Ficarolo, passava per Bondeno, scorreva a sud di Ferrara dove, dopo essersi diviso, portava le sue acque al mar Adriatico.

1192: ENNESIMA CONFERMA DELL’AVVENUTA DIVISIONE DEL PO

Infine, non ancora soddisfatto delle prove raccolte, il Frizzi individuò l’ennesima attestazione dell’avvenuta rotta del Po all’altezza di Ficarolo e lo fece citando il noto “Codice di Cencio Camerario” pubblicato da Ludovico Antonio Muratori. In quel documento viene riportata una frase afferente all’anno 1192: “… de reddibus omnium provinciarum et Ecclesiarum qui debentur Romanae Ecclesiae …”, nella quale si chiariva che fra i proventi del territorio ferrarese erano compresi i territori di: “… et totam Salariam. Et totum Ficarolum, et tres partes de ripatico, et partes tres de rupta Ficaroli ...”.

Qui, senz’ombra di dubbio, viene testimoniato che la divisione del Po, avvenuta a Ficarolo circa quarant’anni prima, era ormai talmente stabile che il porto di Ficarolo era in grado di produrre un reddito, evidentemente in virtù del transito di imbarcazioni commerciali nei pressi di una stazione doganale.

Il Frizzi aggiunse l’ennesimo puntino sulla “i” tramandando ai posteri la conoscenza di un fatto avvenuto lo stesso anno, che era già stato narrato da Pellegrino Prisciano: un documento di investitura in cui si parlava della “Rupta Ficaroli“, ovvero della supposta “rupta Sicardi” che, come abbiamo visto, qualora si potesse dimostrare come vera potrebbe essere attribuita a tal Sicardo o Sicardi.

Ora, se su questa interpretazione del documento, che ne diede il Prisciani e moltissimi storici successivi, ci fermassimo a riflettere con maggior attenzione, non sarebbe difficile leggere nella calligrafia del tempo una parola molto diversa da “Sicardi” e assai più simile a “Ficaroli“, come dimostro nell’immagine allegata, in apertura d’articolo, sulla quale c’è il diritto d’autore pieno e totale.

L’esempio l’ho realizzato con la famiglia di fonts denominata “VINER Hand ITC“, che mi auguro possiate avere sul vostro pc ma, secosì non fosse, potrete scaricarlo agevolmente da qui. Se questa ipotesi fosse la vera interpretazione della calligrafia utilizzata al tempo, cambierebbero davvero tante cose e molte vicende dovrebbero essere interamente riscritte.

ANTICHE NOTIZIE SUL FIUME PO

Nella sua “Storia dell’Alto Polesine” (Storia dell’Alto Polesine con speciale riguardo su Melara“, trascritta da copia dattiloscritta riveduta, corretta e sottoscritta dall’autore, a cura di Carlo Marangoni e Raffaele Ridolfi, Editori gli stessi curatori, oltre alla Biblioteca Comunale Dino Tinti ed ai F.lli Borghi, 2003) don Sante Magro riferì di alcune notizie riportate da Scipione Maffei nei suoi “Annali di Mantova“, riguardanti lavori di arginatura al Po nell’anno 1085: “Anco il Po, sormontando le sue rive, molte castella e ville, anzi i vicini paesi del tutto sommerse“.

Riferì inoltre lo stesso don Sante Magro che il D’arco, sotto l’anno 1117, avrebbe raccolto una notizia assai interessante, riguardante lo stato degli argini del Po al tempo dei barbari: “… le arginature della provincia mantovana, essendo andate in gran parte guaste e distrutte durante il dominio dei Barbari, furono compiutamente rifatte dai mantovani nell’epoca in cui si reggevano a Comune...”, ovvero dal 1117 al 1183.

Attorno all’anno 1.000 a. C. il fiume Po si divise all’altezza di Brescello in due corsi: una diramazione prese la direzione di Ostiglia e fu chiamata Po di Adria, poiché si gettava in Adriatico all’altezza di tale località, l’altra diramazione si formò più a sud, e poiché si diresse verso Spina, scorrendo per Bondeno, Ferrara ed Argenta, venne chiamata Po di Spina. Si sa che alcuni secoli dopo il Po ruppe nuovamente a Brescello, proprio dove già si divideva nei due rami: tale nuova rotta determinò la parziale estinzione del Po di Spina fino all’altezza di Bondeno. Ciò fu possibile solo grazie al fatto che a Sermide cedettero gli argini, provocando un parziale travaso delle acque del Po di Adria in direzione di Bondenese.

RINGRAZIAMENTO DOVUTO E VOLUTO

Per la scrittura del presente articolo devo rivolgere un grazie particolare a RAFFAELE RIDOLFI, storico per passione e riconosciuto da tutti come tale nel Comune di Melara, punto di riferimento per tanti appassionati di archeologia ferrarese e mantovana, al quale sono immensamente grato, oltreché per le importanti informazioni trasmessemi, per l’amicizia che continuamente dimostra di ricambiare nei miei confronti. Una persona che mi onoro di avere come conoscente ed amica ed uno storico che certamente onora tutti i veri cultori della nostra grande storia patria locale, ovvero quella del Ducato di Ferrara e della famiglia degli Estensi.

ducato-estense-blog-ducato-di-ferrara-fiorenzo-artioliSe l’articolo ti è piaciuto e vorresti organizzare una conferenza gratuita nel tuo comune o presso la tua associazione, mi trovi a Vigarano Pieve, in via Mantova 117, il giovedì, dalle 22 alle 23. Se desideri utilizzarlo per fini commerciali, avrai bisogno della mia autorizzazione scritta, ma se desideri inserirlo nel tuo blog, devi ricordarti di citarne la fonte, così da dare a Cesare ciò che è di Cesare, ovvero le idee che sono state qui espresse. Le mie altre passioni sono la vita nel cosmo, che trovi a questo  link e l’ufologia, che trovi a quest’altro link.