Chronica parva Ferrariensis: la fine di Salinguerra

fine-salinguerra-ducato-di-ferrara-chronica-parva-ferrariensisIn questa parte della Chronica Riccobaldo Gervasio affrontò l’intricato argomento delle cause che condussero alla rovina di Salinguerra: l’età avanzata e l’incapacità di gestire al meglio le varie situazioni prospettategli dal destino, l’odio dei Veneziani per la guerra che vinse contro di loro, l’odio dei bolognesi e della Chiesa, attraverso il Vescovo Filippo di Ferrara, poi divenuto Arcivescovo di Ravenna, a causa dell’errata scelta di campo a favore dell’imperatore Federico II di Svevia, indotto a ciò da Ezzelino da Romano, suo parente acquisito in quanto ne aveva sposato la figlia naturale Selvaggia nel 1238 e, infine, le tristi vicende familiari che ebbero a colpire la sua famiglia. Il Destino aveva predisposto un piano formidabile ed imbattibile. Tutto era stato scritto nei minimi particolari.

LA GUERRA CONTRO VENEZIA

Chronica, colonne 483-484, righe 416-438

cattura-navi-venete-ducato-di-ferrara-chronica-parva-ferrariensisCùm negotiatores navigantes mare Adroaticum cum suis mercibus, per portus ostionorum Padi liberè possent applicare ad Civitatem Ferrariæ, & hoc facerent, venetorum animos avaritia stimulavit cunctos navigantes id mare ad Venetiam portus applicare. Igitur naves armatas tenentes portus quibus navigatur in Padum, prohibebant naves onerarias onustas mercibus adduci Ferrariam. Eam rem injustam & novam ægrè Salinguerra, & Populus Ferrariæ tulerunt. Denuntiaverunt itaque per Legatos Venetis, ut ab eo desisterent. Cùm nihil impetrassent, vim vi repellere statuerunt. Missa igitur Classe armata in mare, naves Venetorum expugnant, aliquas captas traxerunt Ferrariam, quæ in ripa fluminis tractæ diu spectaculo cunctis fuere, donec laceratæ sunt ibi. Hæc causa hostilitatis inter salinguerram, & Venetos; una eademque res fecit Ecclesiæ Romanæ & Populo Bononiensi odibilem Salinguerram ad eis adversum ad Imperatorem federicum jam Ecclesiæ inimicum.

Traduzione Chronica, colonna 483-484, righe 416-438

L’avidità iniziò ad angustiare l’animo dei Veneti i quali, vedendo i mercanti che solcavano il mare Adriatico con le loro mercanzie dirigersi agevolmente verso Ferrara, utilizzando i porti delle diverse bocche del fiume Po, desideravano che quei mercanti si fossero invece diretti verso i loro porti. Essi iniziarono perciò a tenere alcune navi da guerra di fronte ai porti suddetti, con lo scopo di impedire alle navi mercantili il trasporto delle merci verso Ferrara. Quell’ingiusta novità fu mal tollerata da Salinguerra e dal popolo di Ferrara. E così essi andarono dall’ambasciatore veneziano per denunciarla e farla cessare. Non ottenendo risposta alla loro legittima richiesta, decisero di rispondere alla forza con la forza. Venne approntata una flottiglia armata che sbaragliò le navi venete e ne catturò alcune, poi trainate in città, quindi tratte a riva lungo il Po per essere mostrate a tutti: ed esse diedero spettacolo per tanto tempo, almeno fino a quando non ebbero a consumarsi, marcendo completamente. Questa fu la ragione dell’ostilità fra Salinguerra ed i Veneti; allo stesso modo il Salinguerra si fece odiare dalla Chiesa Romana e dal popolo bolognese quando passò dalla parte dell’imperatore Federico, già nemico della Chiesa.

CAUSE DELLA FINE DI SALINGUERRA

Chronica, colonne 484, righe 438-457

Sanè Eccelinus de Romano tunc Tyrannus in Marchia Trivisiana factus amicus Federico seduxit Salinguerram sibi affinitate devinctum, & fautorem fieri Federici. In cujus rei perniciosæ sibi præmium Salinguerra accepit à Federico Curiam Carpineti cum castello, quæ sunt in Territorio Regiensium. Electo quoque Episcopo Ferrariensis Ecclesiæ Philippo, mox Archiepiscopo Ravennati, salinguerra vênit in odium. Causam hujus æmulationis ignoro. Porrò Salinguerra cùm jam senio premeretur, fraternam prolem Albertium, & Thomam luxit extintos. Jacobus Torellus quoque ejus unicus filius jam in ætate factus amicis erat mœrori, gaudio inimicis, utpote fatuus, & delirius. Hæ conditiones rerum eum virum reddiderunt inglorium, & plures potentum fortunæ amicos spes vel metus avertit ab illo.

Traduzione Chronica, colonna 484, righe 438-457

Naturalmente, fu Ezzelino da Romano, allora tiranno nella Marca Trevigiana e già divenuto amico di Federico a sedurre Salinguerra, a lui legato da parentela (NdR – Un suo parente ed amico aveva sposato una Da Romano) ed a farlo passare dalla parte di Federico. Le ricompense per questa scelta di Salinguerra furono la Curia ed il Castello delle Carpineti, nel reggiano. Anche Filippo, il vescovo designato della Chiesa di Ferrara, poi Arcivescovo di Ravenna, iniziò ad odiare Salinguerra. Non conosco la causa di questa rivalità. E poi, premendo la vecchiaia, Salinguerra dovette piangere la morte di Albertino e Tommaso, figli di suo fratello. Anche Giacomo Torello, suo unico e sciocco figlio, era motivo di gioia per i nemici e di dolore per gli amici. Tutte queste vicende resero il nome di Salinguerra sempre meno venerato e gli alienarono, o per speranza o per paura, molti amici potenti.

INIZIO DELLE OSTILITÀ CONTRO SALINGUERRA

Chronica, colonne 484, righe 458-488

Cùm innotesceret cunctis prudentibus, Salinguerram, & complices ejus odio esse usque ad pernicem, Ecclesiæ Romanæ, Populo Bononiensi, cum eorum sequacibus, ac Venetis exasperatis in illum, Electus Ferrariensis Ecclesiæ Episcopus, & partis Marchionis princeps, valentes ingenio, consilia ineunt ad subvertendum potentiam Salinguerræ. Et primò quidem idem dictus occupat Bregantinum Castellum; deinde post paucos Castellum Bondenum, quod distat à Ferraria decem millibus passuum.

Hæc ut nunciata sunt Ferrariæ, quosdam dolore ac metus affecerunt, quosdam gaudio, ac spe lætificaverunt permagna. Salinguerram tamen dolor, vel metus, non traxit virum ad perniciem cujuscque potentis sibi suspecti; quin eos illæsos abire permisit, vel comiter jussit exilium quærere.Postquam per ecclesiam Romanam, & ceteros hostes Salinguerræ, de obsidendo Ferrariam, & deinde evellendo ipsum virum, consilia stabilita sunt, accinginguntur ad bellum.

Igitur Salinguerra ad sui tutamen Equites DCCC habuit, quorum quingenti fuerant à federico transmissi. Plebeji Cives Ferrariæ omnes consentientes erant in eum. Pecuniam quoque permultam, quatuor scilicet dolia plena moneta, quæ providè retinuisse dicitur, dum casu Ferrariam transferebantur in usum Federici, sibi ad usus opportunos servavit, ex qua sumptus belli supplevit.

Traduzione Chronica, colonna 484, righe 458-488

Essendo così chiaro a molti che Salinguerra era odiato dalla Chiesa di Roma, dai bolognesi e dai veneziani, i vari capi delle fazioni del Marchese fecero fronte comune col Vescovo di Ferrara per elaborare un progetto teso a rovesciarne il potere. E come primo atto di rivolta, il Vescovo occupò il castello di Bergantino; quindi, dopo pochi giorni, il castello di Bondeno, che dista da Ferrara diecimila passi.

Non appena si sparse la notizia in città, qualcuno venne preso da paura e da dolore, ma altri se ne rallegrarono assai per la speranza che ciò trasmetteva. Ma Salinguerra non provò emozioni più di tanto e lasciò che le famiglie potenti sospette se ne potessero andare illese, scegliendo la via dell’esilio. Però, non appena furono pronti i piani per l’assedio della città ed il conseguente rovesciamento di Salinguerra, la Chiesa e gli alleati si accinsero allo scontro diretto.

In sua difesa, Salinguerra poté schierare ottocento cavalieri, cinquecento dei quali gli vennero inviati dall’imperatore Federico II di Svevia. Poteva inoltre contare sulla fedeltà della quasi totalità dei cittadini plebei di Ferrara. Per le proprie necessità dirette poteva fruire di molto denaro contante, e precisamente di quattro vasi pieni di monete dette “Providé” (NdR – Si tratta del “Prevedesimoovvero di quel denaro messo da parte poco per volta, in maniera continuativa, per provvedere alle necessità impellenti a mo’ di ultima spiaggia e che, in questo caso specifico, ma a quei tempi era la norma, servirono a fronteggiare la guerra civile tesa a rovesciarlo).

LA FINE DI SALINGUERRA

Chronica, colonne 484-485, righe 489-522

assedio-ferrara-fine-salinguerra-ducato-di-ferrara-chronica-parva-ferrariensisPostquam tempus statutum per principes obsessuros Ferrariam vênit, quod erat in introitu Februarii, eò conveniunt. Gregorius de Monte-lungo Apostolicæ sedis Legatus cumexercitu suo vênit, Dux venetiarum cum maxima classe armata, Potestas Bononiæ cum ingenti eorum exercitu, Azo Marchio cum Ferrariensibus suæ partis, qui sponte exulabant, & cum aliis ejus amicis, Paulus Trasversaria de Ravenna, Mantuani quoque, ac Mediolanenses, & alii Ecclesiæ Romanæ pertraxit.

Exercitum sedes erat pratum nundinarum secus Flumensium Capud autem Insulæ Sancti Georgii, & agger Padi qui incipit à Porta Burgi inferioris; nam regiones, quæ sunt ad partem Septentrionalem prope Civitatem de industria erant Padi fluctibus inundatæ. Ad impugnationem, & defensionem viriliter agebantur utrinque. Cùm plures ex potentibus olim fautores Salinguerræ adversi essent ab eo & conversi ad hostes, nihilhominus palàm moliri contra eum non sunt ausi, DCCC equitum, & multitudinis plebejæ metu tutantium eam Urbem. Nec visum est expedire Salinguerræ suspectos tollere, ne illorum sequaces faceret sibi hostes. Ut Ferrariam habere per vim difficile nimis visus est, dolo & fraudibus ad pacem insidiarum plenam pervenum est. Pace peracta, ipsa die Salinguerra à Venetis Venetias ducitur, ubi honesto loco conclusus servatus est annis quinque & dimidio usque ad diem vitæ suæ supremum.

Traduzione Chronica, colonne 484-485, righe 489-522

All’inizio di febbraio, allorquando arrivò il tempo stabilito dai congiurati per l’assedio di Ferrara, tutti si ricongiunsero colà. Arrivò col suo esercito il legato apostolico Gregorio da Montelongo, arrivò con una grande flotta il Doge di Venezia, arrivò il Podestà di Bologna con un grande esercito ed arrivò, infine, il Marchese Azzo con quei ferraresi che parteggiavano per lui ed arrivarono altri amici comuni, come Paolo Traversaro da Ravenna, i Mantovani, i Milanesi e molti altri che si fecero principalmente guidare o dal rispetto verso gli assedianti o dal rispetto verso la Chiesa di Roma.

Gli eserciti fecero campo presso il prato deputato ad accogliere le due fiere annuali, lungo il corso del Po che comincia dalla Porta di Sotto, in quanto le aree a nord della città erano state inondate ad arte con le acqua del Po. Da entrambe le partì si combatté virilmente. Nonostante fossero molti i potenti che un tempo erano favorevoli a Salinguerra e che, nel frattempo, avevano scelto il campo degli assedianti, non osarono combattere apertamente contro di lui, sia per timore degli ottocento cavalieri che di tutta la plebe di Ferrara. Nè sembrò necessario, per contro, all’astuto Salinguerra, combatterli apertamente per non farsi ulteriori nemici fra i loro seguaci. Si giunse così alla pace, suggerita più dall’astuzia che dal campo. Lo stesso giorno della stipula Salinguerra fu condotto a Venezia, dove rimase prigioniero per cinque anni e mezzo, fino alla sua morte, in una località dignitosa.

VENDETTA SUI NEMICI

Chronica, colonna 485, righe 522-549

Ugo Rambertus, qui post Salinguerram ceteris potentior suæ partis fuerat, qui etiam eam pacem suasit, ac esse coëgit, magnis impulsus pollicitis, paucis diebus in consilio Principum est receptus, mox exclusus; inde persuasum est ei, ut secederet cum hominibus sui generis in Villam eorum. Quod ut factum est, sequentibus noctibus maxumè eorum amici & Salinguerre in eorum dominibus impetiti sunt, læsi, sauciati, occisi, supellectile spoliati. Deinde missus est Rambertis, ut saluti  propriæ consulerent, à finibus patriæ exulando: quod sic factum est. Multiplicatis facinoribus ex hominibus partis su subactæ multitudo maxima laribus relictis demigravit. Sicut audivi, familiæ circiter mille quinquegentæ fecerunt exilium. Facta sunt hæc anno MCCXL ante Idus Junii, cùm jam messes canuissent, & poscerent cum falce messorem. Pauci nobilium cum jam dictis in exilium abierunt, qui à Salinguerra tempore obsidionis ad partem Marchionis se converterant; opibus pollentes in civitatem manserunt. Horum Principes fuerunt Marchesinus de Mainardis, Parthenopæus vir potentes, menabos, Galvanus de Misottis, & alii plures potentes.  Ex his, qui cum Marchione remigrarunt, victores astutia fuerunt Fontanenses, Turchi, Joculi.

Traduzione Chronica, colonna 485, righe 522-549

Ugo Ramberti (NdR – Fu una nobile famiglia ghibellina, presente anche a Mantova e Ravenna, che subì spesse volte l’onta dell’esilio. Il ramo di Ferrara fu rappresentato da Ugo, già condottiero al soldo dell’imperatore Federico II di Svevia), che dopo Salinguerra era stato il più potente a Ferrara e che era stato lo stesso che aveva firmato la pace, per alcuni giorni venne accolto nel consiglio dei capi della città, per poi essere costretto a ritirarsi in un suo possedimento in campagna assieme a tutta la famiglia. Subito dopo, gli amici della sua parte furono assaliti nelle rispettive abitazioni, quindi spogliati dei beni dopo essere stati o feriti o uccisi. Qualcuno avvisò il Ramberti di mettersi in salvo, scappando in esilio il più in fretta possibile. E così fece. Poiché le uccisioni non accennavano a fermarsi, molti uomini delle famiglie soccombenti decisero di fuggire, abbandonando le rispettive famiglie. Così ho sentito dire che circa millecinquecento persone dovettero riparare in esilio. Ciò accadde nell’anno 1240, prima delle Idi di Giugno, quando le messi stavano per diventare bionde ed invocavano il mietitore con la falce. Pochi nobili andarono realmente in esilio e rimasero in città coloro che non solo erano passati dalla parte del Marchese, ma avevano sapientemente allargato i cordoni delle loro ricchezze come: Marchesino Pizolo Mainardi, il potente Partenopeo, Menabò, Galvano Misotti. Tra coloro che ritornarono col Marchese si ricordano: i Fontanesi, i Turchi ed i Giocoli.

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